La normativa in vigore, il Regolamento (Ue) 2017/745, definisce “dispositivo medico” qualunque strumento, apparecchio, materiale o altro articolo, destinato ad essere impiegato sull’uomo, durante una pratica medica. Sono inclusi anche i prodotti “specificamente destinati alla pulizia, disinfezione o sterilizzazione dei dispositivi”.
I dispositivi sono suddivisi in 3 classi, in funzione della destinazione d’uso e dei rischi che questa comporta:
- Classe 1: basso rischio.
- Classe 2: rischio moderato.
- Classe 3: alto rischio.
Con varie sottoclassi nei casi in cui il dispositivo sia disponibile anche sterile, o che permanga nell’organismo per un tempo medio-lungo o che modifichi la composizione di tessuti o liquidi biologici.
Messa in commercio di dispositivi medici
Mentre per la messa in commercio dei dispositivi di classe 2 (ad esempio strumenti chirurgici, siringhe, lenti a contatto, ecc.) e di classe 3 (dispositivi impiantabili, pacemaker, protesi endossee, ecc.) è indispensabile l’intervento di un Organismo Notificato (ad esempio l’Istituto Superiore di Sanità) che ne accerti la sicurezza e l’efficacia, per i dispositivi di classe 1 la marcatura CE viene apposta direttamente dal fabbricante.
Si tratta, infatti, di dispositivi molto semplici che, pur partecipando in qualche modo al trattamento del paziente, non sono invasivi e presentano rischi minimi: si va dai termometri agli occhiali da vista, dai materassi ortopedici ai carrelli porta medicinali, dai guanti in lattice alle garze per medicazione.
In questi casi il fabbricante è tenuto esclusivamente a predisporre un fascicolo tecnico con tutti i documenti previsti dal Regolamento 2017/745 e a tenerlo a disposizione per eventuali richieste da parte delle autorità sanitarie. Gli stessi fabbricanti possono registrare i propri dispositivi nella banca dati europea rendendoli disponibili in tutti i paesi dell’Unione.
I diversi tentativi di accreditamento
Alcuni produttori di apparecchiature di trattamento per l’acqua potabile hanno tentato di commercializzare i propri prodotti con il marchio CE definendoli “dispositivi medici” ma, più di una volta, negli ultimi anni, sono stati costretti ad eliminare il marchio e sono stati cancellati dalla banca dati.
Infatti, pur essendo l’acqua un elemento insostituibile nella maggior parte delle pratiche mediche, e sanitarie in genere, il trattamento dell’acqua non può rientrare nella definizione data dalla normativa, pur nella vasta eterogeneità dei prodotti ricompresi.
D’altro canto, anche molte Aziende sanitarie hanno contribuito a confondere i produttori richiedendo, in fase d’asta, sistemi filtranti per acqua potabile marcati “dispositivi medici” in quanto destinati a strutture dove l’acqua trattata viene impiegata per le pulizie e detersione di dispositivi medici e/o per la disinfezione e sterilizzazione di dispositivi medici.
Cosa dice il Ministero
Il Ministero della Salute, con specifica nota circolare, ha chiarito che:
Nonostante i sistemi di filtrazione dell’acqua che verrà poi utilizzata per la pulizia dei pazienti o delle mani degli operatori sanitari possano avere finalità di prevenzione delle infezioni trasmesse dall’acqua, i dispositivi utilizzati per l’igiene e la pulizia della persona non sono da collocare tra i dispositivi medici, anche se destinati alla prevenzione di una malattia. Essendo inoltre applicati alle tubazioni dell’acqua nei punti di erogazione non possono rientrare nella definizione generale di “dispositivo medico”.
I filtri di cui si tratta potrebbero, eventualmente, rientrare nell’ambito di applicazione del decreto sui dispositivi medici solo se il fabbricante abbia previsto, quale esclusiva destinazione d’uso dei filtri stessi, che l’acqua trattata venga impiegata per la pulizia e detersione di dispositivi medici o, comunque, che detti filtri rientrino esclusivamente nelle procedure di disinfezione e sterilizzazione di dispositivi medici.